Human Solvency – Historical Research Prize
È organizzato dalla Fondazione Istituto Internazionale di Storia Economica “F. Datini” Prato, sulla base di una idea di Paolo Evangelisti e Angela Orlandi. Esso si propone di valorizzare la ricerca di studiosi che mettono a tema delle loro indagini la questione della solvibilità economica considerata in tutte le sue implicazioni, comprese quelle dei linguaggi, dei lessici teologici, filosofici e giuridici che hanno strutturato concetti e fenomeni chiave quali povertà, bene comune, debito pubblico, fiscalità, istituzione monetaria. L’idea è quella di favorire un approccio di lungo periodo, evitando partizioni cronologiche che rischiano di frammentare lo spessore e la conoscibilità di fenomeni storici frutto di dinamiche complesse maturate tra l’età medievale e le soglie della contemporaneità. Il logo del Premio, anche con la citazione esplicita dell’ars combinatoria lulliana, rispecchia, sintetizza e veicola il progetto e le premesse culturali a esso sottese.
In particolare esso indica al plurale l’interazione tra economie, povertà e teologie.
Il termine “economie” rinvia a strutture, forme fattuali e di pensiero diversificate nel tempo lungo. Il concetto di “povertà” al plurale intende sottolineare non solo la latitudine semantica coperta storicamente, ma anche il fatto che, nel periodo indicato, le povertà hanno scale e unità di misura che definiscono eguaglianze e disuguaglianze diverse e diversamente componibili, misurabili, denunciabili. Quanto a “teologie” (teologie tout court e teologie economiche) il plurale rinvia direttamente ai tre principali monoteismi operanti nell’Europa medievale e alle loro diverse eredità sviluppate e sedimentate nei secoli successivi a quelli cruciali: il XV e il XVI. Tutto ciò consente un’apertura del premio a mondi contigui e confinanti con quello dell’Europa occidentale.
L’assegnazione del premio a cadenza biennale, con il conferimento di 10.000 euro al vincitore, si pone come riconoscimento all’impegno dello studioso che ha condotto a termine quel lavoro di scavo e di inquadramento storico proponendo sul piano metodologico ed epistemologico approcci innovativi fondati su solide basi di fonti e di dati.
In questo quadro si colloca anche l’invito ad approfondire il ruolo svolto da mezzi di scambio/moneta nella loro valenza istituzionale e nelle loro più diverse accezioni. (v. logo).
Proprio la ricerca e la critica storica su questi temi possono dischiudere più solidi orizzonti di comprensione, mostrando interconnessioni e intrecci fecondi. Basti pensare, a titolo di mero esempio, al ruolo determinante per la riflessione sull’agire economico dell’uomo, sulle dinamiche dei mercati e sul credito, svolto dall’intreccio di due fenomeni storici caratterizzanti gli ultimi tre secoli dell’età medievale. Ci si riferisce qui alla riscoperta-rilettura del pensiero aristotelico e alla grande stagione di sviluppo degli Ordini Mendicanti che ha dato luogo a una vera e propria Scuola economica francescana. Un tassello della storia del pensiero e dell’analisi economica che ha fecondato non solo la Seconda Scolastica ma il fiorire del pensiero economico dell’umanesimo quattrocentesco italiano e la prima affermazione dei banchi pubblici come dimostra anche la messa a punto storiografica proposta dall’ultimo supplemento Treccani al pensiero economico.
Nei loro riverberi d’età moderna questi lessici economici ben strutturati e consolidati, produttivi di istituzioni e sperimentazioni concrete, frutto di una dialettica intensa con le altre culture monoteistiche nell’Europa del tempo, a cominciare da quella ebraica, si connettono con i testi di Konrad Summenharth (1455 – 1511) o di Johannes Althusius (1563 -1638), con il pensiero dei moralisti scozzesi, con la prima grande stagione dell’economia politica francese e inglese, ma anche con l’economia civile proposta da Antonio Genovesi (1713 – 1769). Si tratta di una prospettiva di ampio respiro che, sul piano della storia del diritto e dei linguaggi giuridici, è stata intensamente esplorata anche da studiosi italiani del calibro di Giovanni Tarello (1934 – 1987) o di Paolo Grossi (1933 – 2022).
È in questo quadro che il grande bacino testuale ancora più antico, quello della patristica greca e latina, della normativa monastica, si rivela in tutta la sua profondità e ricchezza fornendo lessici, tassonomie, dunque quadri interpretativi e gestionali che attendono di essere ulteriormente esplorati.